Microchannel Devices nasce come spin off di STV Italia, capogruppo di 5 aziende con sedi produttive in Italia, Francia, Ungheria, Romania e Brasile. Da oltre 50 anni il gruppo opera nel mercato della fotoincisione industriale per la produzione di matrici di stampa serigrafica e di componenti metallici foto incisi chimicamente. STV Italia si occupa della pianificazione strategica e della ricerca e innovazione per l’intero gruppo, ed è proprio da questa attività che prende vita MCD.

Un progetto di successo che nasce dal territorio ed evolve insieme ad esso, grazie alla collaborazione con realtà come Politecnico, MESAP, IIT, la cui mission è quella di mettere in connessione ed esaltare le potenzialità delle realtà del nord ovest in Italia. E, naturalmente, come LIFTT, che segue passo dopo passo un’intuizione che ora è diventata una Factory 4.0 a Settimo Torinese.

Ne abbiamo parlato con Alessandro Vaiarelli, CEO di MCD.

Qual è la ratio di questo spin off?

“Dopo la crisi del 2008-2009, ci siamo chiesti come avremmo potuto far evolvere l’attività aziendale, che era nata negli anni 60, in qualcosa di più innovativo e moderno. Volevamo andare oltre un mercato industriale maturo, superando i limiti imposti a chi fornisce servizi e prodotti in subfornitura. L’obiettivo era di utilizzare le nostre tecnologie per creare un prodotto proprietario, che potesse rappresentare un valore aggiunto per noi e che si rivolgesse a un mercato globale.”

Ma avevate già individuato questo prodotto?

“Sì. In quegli anni l’azienda forniva piastre foto incise per un prodotto innovativo, i PCHE (Printed Circuit Heat Exchanger). Si era aperto un nuovo mercato a seguito della scadenza del brevetto del loro inventore: diversi operatori nel settore energetico in Europa – tra cui l’ex Areva, il Commissariat à l’énergie atomique e i principali produttori di scambiatori termici – hanno iniziato dei progetti di RD utilizzando le piastre fornite da STV.

Nel 2015 però ci siamo resi conto che questo prodotto di alta tecnologia, afferente ad un mercato di fatto monopolistico, dal punto di vista del manufacturing era realizzato per l’80% con i nostri componenti.  L’ambizione di STV era di spezzare questo monopolio di fatto, con le sue rigidità e la mancanza di innovazione tipiche di queste situazioni, e di farlo più rapidamente degli altri potenziali operatori che cercavano di sviluppare tali prodotti. Per riuscirci, dovevamo colmare due carenze: il know-how relativo all’engineering degli scambiatori termici e la tecnologia di saldatura tramite diffusion bonding.”

Come avete colmato questi gap?

“Sembra retorica ma è realtà: facendo sistema, sfruttando le sinergie, le competenze e le eccellenze presenti sul territorio. Abbiamo infatti lanciato uno studio di fattibilità nell’ambito del Polo piemontese per l’innovazione  MESAP,  coinvolgendo  il Politecnico di Torino e una società di engineering, la AMET, che poi sarebbe diventata nostro socio, e abbiamo per la prima volta utilizzato i fondi messi a disposizione dalla regione attraverso Finpiemonte per l’attività di R&D. Dal punto di vista tecnologico non abbiamo voluto seguire la strada maestra stabilita dall’inventore dei PCHE oggi leader di mercato, ma trovare una soluzione tecnica che permettesse di avere un prodotto innovativo e che valorizzasse una delle capacità e degli asset più importanti di STV Italia, vale a dire poter produrre piastre fotoincise anche di grande formato.

Con questo studio di fattibilità si è dimostrata la possibilità di progettare e realizzare scambiatori della famiglia PCHE con la tecnologia del diffusion bonding in hot isostatic pressing.

 A quel punto, sempre con gli stessi partner e supportati dai fondi POR-FERS, abbiamo lanciato un progetto di ricerca più ampio e articolato denominato XL_PCHE che ci ha permesso di sviluppare la nostra tecnologia ad un livello TLR 7, cioè verificata in ambiente industriale. Infine, sono stati sviluppati e depositati due brevetti connessi all’innovativo processo messo a punto.”Nelle foto alcune fasi del processo produttivo in scala industriale del primo XL PCHE

Avete quindi costruito un progetto imprenditoriale intorno a questa idea.

“Con la tecnologia sviluppata, nel 2019 abbiamo deciso di procedere all’industrializzazione creando Microchannel Devices srl, una PMI innovativa con una forte connotazione manifatturiera.

Abbiamo quindi acquisito un immobile di 4.000 mq, lo abbiamo ristrutturato, installato i laboratori (per continuare la ricerca), acquistato macchinari ed impianti, ottenuto permessi e certificazioni, assunto ingegneri e tecnici, il tutto con l’obiettivo di realizzare una moderna facility 4.0.Nelle foto i primi macchinari installatiNella foto la sede operativa di Microchannel a Settimo Torinese

In tutto ciò il contributo di LIFTT ha avuto un ruolo fondamentale. Ecco che torna di nuovo il ruolo sinergico del territorio! La collaborazione con LIFTT ci ha aperto le porte alla finanza del venture capital e non solo.”

Un’industria aperta agli investitori

“Fare impresa nel 2022 non consente lunghi tempi di gestazione, o di diluire con moderazione gli interventi nel corso degli anni. Semplicemente, il contesto globale in cui si opera non lo permette. Da qui la necessità di intraprendere uno sviluppo senza soluzione di continuità attraverso una serie di round di aumento di capitale, e naturalmente l’importanza del coinvolgimento di soci terzi. Essere innovativi significa soprattutto un cambio di approccio: da azienda di proprietà familiare ad azienda a capitale diffuso. Eccoci quindi arrivati alla realizzazione della nostra idea: a inizio 2022 è partita la produzione di piastre micro-canalizzate di grande formato e siamo in corso di completamento degli investimenti attraverso un nuovo round di aumento di capitale per l’installazione della più grande fornace  HIP in europa, che avverrà nel terzo quarter dell’anno.”

″ caption=”yes Nella foto Alessandro Vairelli con Freddy Aps e Jean Michel Chaillet in visita presso il fornitore del forno a pressione in consegna a fine estate nello stabilimento di Settimo torinese.

Anche la collocazione dell’impianto riflette un dialogo ed un impegno verso il territorio.

“Sì, anche questa realizzazione è frutto della collaborazione e del dialogo con chi opera attivamente per creare un impatto positivo sul territorio. Non esiterei a definirlo “Modello Piemonte”, in contrapposizione con altri modelli anche geograficamente vicini di cui si fa un gran parlare soprattutto grazie ad un accorto marketing territoriale. In questa regione, si sa, privilegiamo l’understatement, ma anche la concretezza: poter disporre di interlocutori quali LIFTT e di imprenditori di livello mondiale che del territorio sono espressione, come Stefano Buono e il  Club degli investitori, o istituzioni finanziarie come Intesa Sanpaolo, molto attenta alle aziende del territorio e notra banca di riferimento da oltre 50 anni, significa essere inseriti in un circolo virtuoso, oltreché un valore aggiunto difficilmente rilevabile in altri contesti. Nella fattispecie, sottolineerei anche l’elevata qualità della collaborazione con il Comune di Settimo, che ha “fatto sistema” supportando lo sviluppo dell’area industriale dismessa della Cebrosa. Si tratta di un’area strategica, all’imbocco dell’autostrada Torino Milano e delle principali arterie di comunicazione, ma soprattutto a elevata concentrazione industriale: come ha recentemente raccontato la Sindaca Elena Piastra a La Stampa, questo sito è stato ribattezzato “Alta Produttività” per la vicinanza alla linea dell’Alta velocità. Qui operano nomi come Google, Tim, L’Oréal e altre realtà importanti del panorama industriale.”

I next step?

“Nel frattempo, come spesso accade, c’è stata un’evoluzione della mission di Microchannel Devices. Se in un primo momento questa era molto “product oriented”, vale a dire focalizzata a produrre PCHE realizzati in tecnologia HIP per il mercato tradizionale Oil & Gas, negli ultimi due anni abbiamo colto l’evoluzione dei mercati. In particolare, ci ha colpito l’esplosione di interesse per il settore dell’idrogeno, sempre in ambito energetico, ma anche la possibilità di utilizzare dispositivi micro-canalizzati in altri segmenti quali per esempio la “carbon capture”, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), o ancora applicazioni nel campo delle antenne a guida d’onda. Essersi accorti di questo forte interesse, ha consentito di modificare nel business plan 2.0 la mission dell’azienda, non più “product oriented” ma “market oriented”, dove il mercato di riferimento attiene alla produzione di dispositivi microcanalizzati per la transizione energetica e all’economia circolare. Una sfida nella sfida estremamente affascinante e in fondo inevitabile, se si vuole davvero intercettare il mercato di domani.”

Chi lavora in MCD?

“Il fattore umano per noi è essenziale, e abbiamo fortemente voluto creare un team di giovani talenti. Anche in questo caso abbiamo attinto dal territorio, grazie alla collaborazione con il Politecnico di Torino. Ad oggi abbiamo assunto sei giovani ingegneri affiancandoli a senior managers provenienti da aziende del settore a livello internazionale come Jean Michel Chaillet e Freddy Aps: siamo un team in progress e naturalmente proiettato verso il futuro.”Giovani ingegneri e tecnici senior, un mix vincente

Cosa sono i PCHE

Il Printed Circuit Heat Exchanger è uno scambiatore di calore realizzato con piastre fotoincise contenenti microcanali trasformate  in un blocco monolitico attraverso un processo di saldatura allo stato solido (Diffusion Bonding). È estremamente compatto ed ha un alto rendimento di scambio termico (fino a 98%). I PCHE sono una valida alternativa ai tradizionali scambiatori Tube & Shell  in tutte le applicazioni che prevedono l’utilizzo di liquidi o gas ad alte pressioni e temperature, spazi limitati e applicazioni critiche quali piattaforme off-shore o navi per LNG.

Proprio grazie alle sue caratteristiche operative, il PCHE è diventato negli ultimi anni un componente fondamentale nei sistemi di distribuzione dell’idrogeno (stazioni di rifornimento) e ciò ha portato ad un’espansione significativa del mercato di riferimento.